Cibo di guerra, 4

Ovvero come la guerra modifica il valore delle cose.

In Umbria, quando i Tedeschi si ritiravano dalla linea gotica, occuparono anche i casolari più sperduti delle campagne. In uno di questi un contadino passò quei mesi dormendo seduto quasi dentro il camino, con la roncola nascosta nella giubba: davanti a lui, sul pavimento dormiva un soldato tedesco e prima di addormentarsi fissava la botola del soffitto che chiudeva l’accesso alla soffitta dei salumi. Se me chiede d’andà su lo ammazzo co’ la roncola, aveva detto il contadino alla moglie. Non accadde, ma l’avrebbe fatto di certo. Un salame, una fetta di prosciutto, quando da un anno non si avevano proteine che non fossero un po’ di latte valevano più di una vita.

E così, più a Sud, una ragazzina che scappava dai bombardamenti in città per raggiungere la zia a Roma città aperta, doveva portare con sé due valigie, una con i salumi e la farina, l’altra con l’argenteria e i ricordi di famiglia. Uscì di città, iniziava la salita, il peso era intollerabile. Lasciò la valigia delle cose preziose e arrivò a Roma, ugualmente festeggiata da tutti. Che importava ormai un po’ di metallo?

Ricordiamo, ricordate, raccontiamolo a figli e studenti cosa è stato.

 

 

Assisi di notte

Perdonate la qualità penosa della foto, non so far di meglio. L’illuminazione della Basilica è magistrale, magistrale l’aver abbassato tutte le luci intorno. Così si rivela per ciò che è, una nave magnifica con rotta verso l’altro lato della vita, quello vero.

15 maggio di ogni anno

Una festa per chi ogni tanto compie qualcosa che non può essere misurata o pagata, e lo fa così, perchè gli va.

E anche per chi ama far le cose per bene, anche se non arriva primo

E per chi dunque è un po’ matto…

(L’avevo già scritto, ma mi andava di scriverlo ancora…)

Figli e fiducia

Pochissimo influenzata dal fatalismo isolano in virtù del mio sangue umbro, oggi mi sono accinta a modernizzare e alleggerire la borsa da terremoto. Questo sebbene in cuor mio creda (speri) che tutti i discorsi sin qui ascoltati sul Big One siano da ridimensionare grazie al cemento armato (l’attesa del Big One è uno degli argomenti prediletti dalla gente dopo il terremoto). Quindi al computer, quando ero sola, ho messo nel carrello acquisti coperte termiche arancioni, fischietti arancioni anch’essi e sacchi di croccantini per il cane.

Il Figlio grande sopraggiunge alla mie spalle silenzioso come un puma

-Due sacchi di croccantini per il cane?!?! Perché??- glielo dico cercando di minimizzare.

-Esagerata! Esageratissima! Poi arrivano i soccorsi e ci portano del cibo, no? Mica è la fine della civiltà! Mica sarebbe un mondo post-nucleare stile Fall Out!-

Non ho accennato alle stime sui morti e sui danni che si attendono, né sui timori circa i piloni dei viadotti in autostrada e le piste dell’aereoporto; ho accettato il ruolo di Vecchia Mamma. Lui si è allontanato scrollando il capo e io ho cliccato sul pulsante Acquista.

Pensieri sparsi post-terremoto

Stanotte il terremoto è stato come una spinta nel fianco. E non finiva mai. Poi il lampadario che ruotava e il nostro cane Kate immobile davanti alla porta della nostra stanza, a occhi sbarrati. Non ci ha più lasciati, non so se per paura o per proteggerci. Grazie a Dio, i Figli erano a dormire fuori e ben lontano da qui. Bè, per ora è andata. Ma è tutto il giorno che i pensieri sono confusi e mi sento un po’ convalescente. Ad Anastasia penserò domani.

Quindi conversazioni a tema con il Marito. Non fai più la borsa da terremoto (un borsone in cui mettevo medicine, acqua, cibo in scatola, coperte, torce elettriche, soldi e qualcosa d’oro) Pesava un quintale e mi prendevate tutti in giro! Ma se si deve scappare di notte in pochi secondi è l’unica. E me lo dici adesso?

Se il terremoto fosse disastroso davvero, come quello del Seicento, e riuscissimo a salvarci, il cane certo verrebbe con noi -ma fin dove, fino a quando? Perché dovremmo nutrirlo, ma i soccorsi in quanto tempo arriverebbero? Allora forse sarebbe meglio lasciarlo andare, in modo che si possa trovare da solo il cibo più facilmente -e già il pensiero mi spezzava il cuore.
Andiamo in Umbria! Ti sembra meno sismica? Certo non ha avuto terremoti da radere al suolo intere città come la Sicilia! E qui abbiamo saggiamente deciso di non procedere nella contesa Sicilia vs Umbria. Abbiamo invece ricordato quel che è successo al nonno di mio marito, ufficiale di stanza a Messina nel 1908. Viveva lì con la moglie che attendeva un bambino. La notte del 27 Dicembre sognò una donna bella avvolta in un manto azzurro che teneva un fagotto in braccio. La donna avanzò verso di lui e aprendo il fagotto mostrò un bambino coperto di orribili pustole. Non temere, per te non ci sarà contagio, disse e sparì.

La notte del 28 l’intera palazzina dove vivevano crollò insieme alla città, ma l’angolo dove era la loro stanza da letto rimase in piedi. E così ci siamo potuti essere noi e i Figli . Perchè alcuni sì e altri no, questo è il vero mistero.

A questo punto la pasta era in tavola. Tutto piano piano è ricominciato.

Sua Maestà l’olio

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Se in Sicilia da aprile a Settembre le conversazioni vertono sulle melanzane e la ricetta migliore per la parmigiana, da ottobre a novembre si parla solo di olio -i prezzi al frantoio, il bouquet di ogni varietà, se sia meglio di pianura o di collina, ecc…Ovviamente ognuno è convinto di comprare il migliore e difficilmente svela agli altri dove lo acquisti,  è un favore troppo grande. Grazie a una soffiata, da alcuni anni anche noi compriamo l’olio di frantoio.

Ora, io vengo dall’Umbria dove l’olio si usa volentieri, ma senza esagerare e senza questo rigirare del pensiero intorno ad esso: sono un po’ barbara in queste cose. Quando ne ho ordinati 40 litri, mi è stato detto -Certo, tu sei del nord, preferisci il burro-

-Io? ma se non uso quasi il burro!-

-Allora perchè così poco? Come fai?-

Non so quanto ne consumino mediamente i nuclei familiari come il nostro, ma considerando quando si va fuori, vacanze ecc…, a me viene fuori circa un litro a testa al mese. Ok, sono del nord, credo.

Io butterei giù tutto!

-E ricostrurei belle case nuove- E’ stato il commento del mio nipotino, lui abituato a luoghi modernissimi in America, quando a sei anni ha visto per  la prima volta una cittadina umbra. Io avuto un fiotto al cuore e pensando a come noi abitanti di là abbiamo cari quei muri medievali anneriti, a come sentiamo che ci hanno formato, ho sussurato

-Tesoro, un po’ ti capisco. Però questi muri così vecchi hanno qualcosa che i muri nuovi non hanno-

-Cosa?-

-Le storie di chi ci ha vissuto-

La risposta l’ha tacitato per un quarto d’ora, infine ha concordato con me. E penso che sono incatenata a quelle storie.

Antropologia parziale dei vecchietti fuori dal bar

I vecchietti seduti fuori dai bar sembrano tutti uguali, ma non lo sono. Almeno, non in Umbria e in Sicilia, e ciò merita un piccolo profilo di tipo antropologico.

In Umbria i vecchietti sono senza cappello, siedono a testa alta fuori dal bar d’elezione, quello dove per anni hanno bevuto un bicchiere di vinello al mattino, quand’erano giovani, e che ora li accoglie -una specie di Bar Mario di Ligabue. Fissano ostentatamente i passanti, senza timore, e commentano ridendo fra loro. Non con lo spirito caustico dei toscani, che ha sempre una venatura politica, un voler indurre a riflessione la comunità tutta. No, lo fanno solo per divertire il vicino di sedia, l’amico di una vita -l’intenzione è purissima. Tra pochi discorrono e tra pochi ridono, mentre il malcapitato oggetto dei loro sguardi arrossisce.

I vecchietti siciliani hanno coppola, camicia bianca lisa, bastone e guardano a terra. Apparentemente indifferenti, notano tutto, ma non commentano sul momento. Dopo, dopo che è passato il forestiero, dopo che è passata la bella donna ondeggiante sui tacchi, traggono massime di vita, perle di saggezza ad uso della comunità dei giovani, i quali devono pur apprendere che tutto non vale niente ( ad esempio: e cchi sà ffari! trad. non possiamo fare altro che guardare).

Inutile dire che li amo entrambi, entrambi necessari, non solo a me, ma a tutti.

Winter is coming, yes

Nel dolce paesino umbro dove mi trovo in vacanza, una dolce vecchina camminava davanti a me. Abitino a fiori, sportina della spesa piccola piccola, da chi vive da solo, capelli candidi come, credevo, i suoi pensieri. Tenera, poetica, un santino quasi. Invece si ferma per la salita e prorompe in -Mondo coione!-  Sic. Delusione.

E poco dopo vedo la pubblicità del palio della Mannaia: Delusione – Winter is coming, davvero, anche qui.